Arriva la normativa per la parità stipendio uomo-donna, un passo avanti con la nuova legge UE sulla parità salariale
L’Unione Europea promuove l’uguaglianza retributiva attraverso una nuova normativa che mira a garantire la parità di stipendio tra uomini e donne. Questa direttiva, recentemente entrata in vigore, si propone di colmare il divario retributivo tra i sessi e creare un ambiente di lavoro equo per tutti. Esploreremo i dettagli della legge, le sue implicazioni e il funzionamento della trasparenza retributiva per assicurare un trattamento giusto.
La legge sulla parità salariale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2021, ha introdotto importanti misure per promuovere l’uguaglianza di genere nel contesto lavorativo in Italia. L’obiettivo principale della legge è ridurre il divario salariale tra uomini e donne, affrontando le discriminazioni di genere e favorendo l’equilibrio tra i sessi nel mercato del lavoro.
Tutto ciò che devi sapere sulla nuova legge sulla parità di stipendio uomo-donna
La direttiva 2023/970, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il 17 maggio (serie L 132), rafforza l’applicazione del principio di parità retributiva tra uomini e donne per un medesimo lavoro o lavoro di pari valore tramite l’adozione di trasparenza retributiva e meccanismi di applicazione.
Obblighi imposti dalla nuova legge sulla parità di stipendio uomo-donna
La legge impone agli Stati membri di garantire che gli operatori economici rispettino gli obblighi di parità retributiva durante l’esecuzione di appalti pubblici o concessioni. Inoltre, i datori di lavoro devono indicare i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli salariali e la progressione economica. Questo comporta un nuovo obbligo di trasparenza, in modo che i criteri di fissazione degli stipendi siano chiari e accessibili.
Sanzioni per i datori di lavoro che violano la parità di stipendio
La nuova legge prevede un sistema di sanzioni dissuasive per i datori di lavoro che violano la parità retributiva. Gli Stati membri devono stabilire modalità di attuazione che abbiano un effetto dissuasivo e proporzionato. Le vittime di discriminazione retributiva hanno il diritto di ottenere risarcimenti o riparazioni. Se un dipendente subisce discriminazione retributiva basata sul genere, ha il diritto di richiedere il pagamento delle retribuzioni arretrate, dei bonus o dei pagamenti non corrisposti, nonché di ottenere il risarcimento per le opportunità perdute e il danno morale.
Implicazioni per le aziende
Le aziende dovranno conformarsi alle disposizioni della nuova legge sulla parità di stipendio uomo-donna. Saranno tenute a fornire trasparenza retributiva, indicando i criteri utilizzati per determinare la retribuzione e i livelli salariali. Le aziende con più di 250 dipendenti dovranno presentare una relazione annuale sul divario retributivo di genere, mentre le aziende più piccole dovranno farlo ogni tre anni.
La nuova direttiva rappresenta un importante passo avanti nella lotta per l’uguaglianza retributiva tra uomini e donne, garantendo un trattamento equo sul luogo di lavoro e contribuendo a colmare il divario salariale tra i sessi. La trasparenza retributiva e l’imposizione di regole procedurali consentiranno di garantire una parità effettiva e di promuovere un ambiente lavorativo equo per tutti.
Cosa prevede la legge sulla parità salariale del 18/11/2021
La legge sulla parità salariale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2021, è un importante provvedimento legislativo che apporta modifiche e integrazioni al Codice sulle pari opportunità tra uomo e donna, concentrandosi principalmente sul contesto lavorativo. La legge, nota come Legge 5 novembre 2021, n. 162, mira a ridurre le differenze salariali tra uomini e donne e dispone l’assegnazione di un finanziamento di 50 milioni di euro per il 2022.
Attualmente in Italia, secondo i dati ISTAT, il divario salariale tra uomini e donne è evidente, con una retribuzione oraria di 15,2 euro per le donne e di 16,2 euro per gli uomini. Tale differenziale retributivo è più pronunciato tra i dirigenti (27,3%) e i laureati (18%). Inoltre, i dati ISTAT pubblicati lo scorso febbraio hanno rivelato che su 101.000 nuovi disoccupati, ben 99.000 sono donne. La legge sulla parità salariale mira quindi a promuovere azioni volte a ridurre il cosiddetto “gender pay gap” (ovvero la discrepanza di opportunità, status e retribuzione tra i sessi), che in Italia raggiunge livelli fino al 44%.
La legge sulla parità salariale si articola in due principali direzioni. In primo luogo, prevede una serie di interventi finalizzati a contrastare le discriminazioni di genere, premiando le aziende che eliminano tali disparità. In secondo luogo, introduce misure per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, al fine di realizzare una piena conciliazione tra vita e lavoro.
Certificazione sulla parità di genere: A partire dal 1° gennaio 2022, la legge istituisce la certificazione della parità di genere, che attesta le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere riguardante opportunità di crescita in azienda, parità salariale per lavori di pari livello, politiche di gestione delle differenze di genere e tutela della maternità. Saranno stabiliti parametri minimi per ottenere la certificazione, modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati forniti dai datori di lavoro, coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e forme di pubblicità della certificazione stessa.
Tavolo di lavoro sulla certificazione di genere delle imprese: Un tavolo di lavoro permanente, istituito tramite decreto il 5 aprile 2022, contribuirà al funzionamento del sistema di certificazione della parità di genere. Questo tavolo elaborerà proposte, monitorerà le attività, fornirà supporto all’autorità politica e al Dipartimento per le pari opportunità nella valutazione dei risultati del sistema di certificazione, nonché fornirà informazioni all’Osservatorio nazionale per l’integrazione delle politiche di genere.
Di seguito viene riportato un testo originale e completo basato sulle informazioni fornite. La legge sulla parità salariale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2021, ha introdotto importanti misure per promuovere l’uguaglianza di genere nel contesto lavorativo in Italia. L’obiettivo principale della legge è ridurre il divario salariale tra uomini e donne, affrontando le discriminazioni di genere e favorendo l’equilibrio tra i sessi nel mercato del lavoro.
Sgravi per le aziende che rispettano la parità salariale: A partire dal 2022, le aziende private che ottengono la certificazione di parità di genere possono beneficiare di un’esenzione dal pagamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Il tetto massimo per questa esenzione è di 50 milioni di euro all’anno. L’ammontare dell’esenzione è fissato all’1% con un limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda. L’applicazione di questa misura sarà riparametrata e calcolata mensilmente mediante un decreto che sarà adottato entro il 31 gennaio 2022.
Premialità nei bandi per le aziende virtuose sulla parità salariale: Le aziende private che ottengono la certificazione di parità di genere entro il 31 dicembre dell’anno precedente possono ottenere un punteggio premiale nella valutazione delle proposte progettuali per l’ottenimento di aiuti di Stato da parte delle Autorità responsabili dei fondi europei nazionali e regionali. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a indicare nei bandi di gara i criteri premiali che verranno applicati per valutare le offerte delle aziende con la certificazione di parità di genere.
Nuovo obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti: La legge introduce l’obbligo per le aziende pubbliche e private con più di 50 dipendenti (in precedenza era previsto per quelle con più di 100 dipendenti) di redigere un rapporto ogni due anni sulla situazione del personale in relazione al genere, inclusi ambiti come formazione, promozione professionale, retribuzione e altri aspetti legati all’occupazione. Per le aziende con meno di 50 dipendenti, la redazione del rapporto è facoltativa. Il rapporto deve essere inviato entro il 31 dicembre di ogni anno, e le aziende che non rispettano questa disposizione possono essere soggette a sanzioni e verifiche da parte dell’Ispettorato del Lavoro.
Estensione delle nozioni di discriminazione diretta e indiretta: La legge amplia le definizioni di discriminazione diretta e indiretta, includendo gli atti organizzativi e relativi all’orario di lavoro che pongono le lavoratrici in una posizione svantaggiata. Inoltre, la discriminazione viene estesa anche alle candidate e ai candidati durante il processo di selezione del personale, non limitandosi più solo alle lavoratrici e ai lavoratori.
Obblighi per le società partecipate: La legge estende l’obbligo di promuovere l’equilibrio di genere anche alle società controllate da pubbliche amministrazioni e costituite in Italia, che non sono quotate in mercati regolamentati. Queste società devono dotarsi di uno statuto che preveda un criterio di ripartizione degli amministratori che assicuri l’equilibrio tra i generi, in conformità con il Decreto Legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58.
Monitoraggio sull’applicazione della legge: La legge richiede la presentazione di una relazione biennale che monitori l’applicazione delle norme sulla parità di genere e pari opportunità nel lavoro. Inoltre, entro il 31 marzo di ogni anno, la consigliera o il consigliere nazionale di parità devono presentare al Parlamento una valutazione degli effetti delle disposizioni del Codice delle pari opportunità. Il Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici è incaricato di monitorare l’applicazione della legge.
La legge sulla parità salariale mira a sostenere le aziende che adottano pratiche virtuose in termini di uguaglianza di genere, incoraggiando anche quelle che hanno discriminato in passato a modificare il loro comportamento. Ridurre il divario di genere contribuirà a un maggiore sviluppo economico, poiché attualmente l’Italia perde ogni anno l’8% del PIL a causa delle disuguaglianze di genere. L’obiettivo della legge è quindi ridurre significativamente questa percentuale fino a eliminarla completamente, promuovendo una maggiore partecipazione delle donne nella formazione e nel mercato del lavoro.